Scritto da STEFANO BUCCI – CORRIERE DELLA SERA
Quando nel 1968 arrivò al cinema 2001: Odissea nello spazio di Kubrick in molti pensarono che il monolito nero che compariva (inquietante) sullo schermo fosse una sua opera: «No, ma in fondo lo spirito è lo stesso» . Andrea Bellini, direttore del museo del Castello di Rivoli, ricorda così John McCracken, l’artista considerato uno dei padri fondatori del minimalismo americano, scomparso venerdì notte a Manhattan a settantasei anni (era nato a Berkeley, California, il 9 dicembre 1934). Proprio a McCracken il museo di Rivoli dedica fino al 19 giugno la prima retrospettiva mondiale («Prima ancora che negli Usa» ) alla cui realizzazione l’artista ha collaborato attivamente e che comprende anche gli ultimi suoi lavori, Fair del 2008 e Wonder del 2010. «Noi stessi— dice Bellini— siamo sorpresi del successo della mostra, ma forse bisognava in qualche modo aspettarselo perché le sue forme geometriche sono ormai parte dell’immaginario collettivo» . Eppure McCracken è sempre stato un genio incompreso o almeno sottovalutato dalla critica, che solo adesso sembra volerlo scoprire (con gli obituaries del «New York Times» e del «Los Angeles Times» ). Anche se le sue sculture, le sue installazioni dalle forme geometriche (Naxos, Il Mago della pioggia), i suoi pennarelli su carta (Mandala) fin da subito si erano caratterizzati per quella loro riuscita miscela di visionarietà e minimalismo: un universo di resine, acciaio e colori vivacissimi (giallo, blu, rosa oltre a tanto nero) che, appunto, non avrebbe sfigurato in un film di fantascienza.