Scritto da PAOLO LEPRI – Corriere della Sera
L’artista torna nella sua città natale. Dopo tre anni di raggi X
I l ruolo di Albrecht Dürer nella storia dell’arte mondiale è così importante che un suo quadro era stato scelto per una curiosa operazione politico-diplomatica, poi rimasta bloccata da quegli improvvisi cambiamenti di clima che spesso si registrano nei rapporti internazionali. Per concludere nella Piazza Rossa di Mosca «l’anno tedesco-russo», il presidente della Germania Joachim Gauck e il leader del Cremlino appena rieletto, Vladimir Putin, avrebbero dovuto partecipare al montaggio di un gigantesco puzzle, di 1.023 pezzi, che riproduceva un autoritratto dell’autore di «Il Cavaliere, la morte e il diavolo». Sarebbe stato un evento significativo. Ma lo è sicuramente di più questa mostra, Der Frühe Dürer, apertasi nei giorni scorsi al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga. E ai visitatori non sono offerte le tessere di un rompicapo ma i capolavori di uno dei geni della cultura umanistica.
L’itinerario espositivo si ferma alla vigilia del secondo viaggio in Italia di Dürer, un artista profondamente tedesco ma che fu aperto al mondo esterno e capace di conquistare rapidamente un’ampia fama in tutta l’Europa. Centocinquanta opere, di cui 120 provenienti da 12 Paesi, alle quali se ne aggiungono altre cinquanta di contemporanei come Hans Pleydenwurff, Michael Wolgemut e Martin Schongauer. Uno sforzo costato un milione e mezzo di euro, grazie al quale Dürer torna, a distanza di oltre quaranta anni, nella sua città natale dopo la mostra organizzata nel 1971 per il cinquecentesimo anniversario della nascita.
Ad accogliere i visitatori è Dürer in persona. O meglio, la statua in marmo bianco realizzata nel 1882 dallo scultore Friedrich Beer, ritenuta scomparsa durante la seconda guerra mondiale e ritrovata poco meno di due anni fa. L’opera di Beer è ispirata all’«Autoritratto a tredici anni», conservato all’Albertina di Vienna: un disegno a punta di argento che è il punto di partenza della mostra di Norimberga. Poco più che bambino, il figlio dell’orafo ungherese si ritrasse nel 1484 con l’aiuto di uno specchio, inaugurando così precocemente la sua carriera e aprendo una pagina nuova nella storia dell’arte europea.
Sei sezioni tematiche approfondiscono con grande ricchezza di apparati critici la figura di Dürer «come archetipo dell’artista moderno». Sarebbe sbagliato però non citare singolarmente almeno qualcuno dei punti di forza di questo complesso percorso, ricostruito con grande esattezza anche nella chiave della capacità di coniugare la sensibilità nordica con la forza cromatica della pittura italiana. Ecco la «Madonna con bambino» (o «Madonna Haller», dal nome della famiglia di Norimberga che la commissionò), arrivata dalla National Gallery di Washington, che risente degli influssi del primo viaggio a Venezia, Padova e Ferrara, compiuto tra il 1494 e il 1495. Oppure il visionario ciclo di xilografie della «Apocalypsis cum figuris», del 1498. Dalla Galleria degli Uffizi proviene «L’adorazione dei Magi», databile al 1504, opera eccezionale sia per lo studio della prospettiva che per le scelte cromatiche. «Il Dio dei colori», ha scritto il settimanale Der Spiegel.
Una delle novità di questa mostra è stato il lavoro tecnico-scientifico che l’ha preceduta. Nell’arco di tre anni un gruppo di ricercatori ha compiuto una serie di studi in vari musei del mondo con raggi X e fotocamere infrarosse riportando alla luce gli schizzi preliminari e individuando gli strumenti utilizzati da Dürer. I risultati di queste ricerche permettono ai visitatori di capire i segreti dell’artista e di entrare nel suo mondo. È stato, naturalmente, compiuto anche un esame delle condizioni di conservazione delle opere e della loro fragilità, provocata dal passare dei secoli. Non ha rappresentato quindi una sorpresa, anche se è stata accolta con un po’ di delusione e qualche malumore, la decisione presa a Monaco di Baviera dalla Alte Pinakothek di non mandare a Norimberga l’Autoritratto con pelliccia, del 1500. Ma si tratta ugualmente di un appuntamento da non perdere.