Scritto da Francesca Montorfano – Corriere della Sera
Nella sua Provenza trovò l’ispirazione originaria Dipinse i grandi capolavori tra boschi e atelier
Pare ancora di vederlo, Cézanne, il cavalletto sulle spalle, il bastone in mano, vagabondare per le campagne e le colline dell’amata Provenza, la possente montagna Sainte Victoire con i suoi versanti scoscesi e i crinali, le rive ombrose dei fiumi, i tetti rossi dei villaggi sul blu cobalto del mare. «Il paesaggio è splendido. Vedo delle cose magnifiche. Non voglio allontanarmi neanche di un passo dalla natura», scrive nel 1866 all’amico Zola, non stancandosi mai di arrivare a una comprensione viva di quanto lo circonda, di trasformare il profumo della terra, il calore delle rocce, il soffio del mistral, in armonie nuove di forme e colori. Dipingere en plein air, sur le motif, diventa per Cézanne lo scopo stesso dell’esistenza. Un imperativo che lo accompagnerà fino ai suoi ultimi giorni, all’ottobre del 1906, quando un violento temporale lo sorprenderà mentre ancora una volta sta lavorando all’aperto, causandogli quell’affezione polmonare che in poco tempo lo condurrà alla morte.
Sicuramente Cézanne è legato a Parigi, dove studia Vélazquez e Caravaggio, Courbet e Delacroix, dove frequenta gli impressionisti e ne condivide il dissenso con la cultura artistica ufficiale, dove conosce estimatori come il dottor Gachet o Ambroise Vollard, il giovane gallerista che nel 1895 gli organizza una personale, salutandolo per la prima volta come maestro. Ma è l’aspro e solitario Pays d’Aix delle sue origini la fonte della sua ispirazione, lo scenario per eccellenza delle sue esperienze creative. Così come lo sono i tanti atelier del Midi dove l’artista rielabora e trasferisce sulla tela quanto i suoi occhi hanno colto dal vero, creando capolavori assoluti, immagini vibranti di intensità e di luce.
Luoghi ricchi di suggestione e memorie che la grande mostra di Palazzo Reale curata da Rudy Chiappini consente oggi di conoscere più da vicino, ripercorrendo la vicenda biografica ed artistica del pittore, approfondendo i temi a lui cari da un’ottica nuova, particolare, il suo rapporto con la Provenza. «È la grande casa di famiglia del Jas de Bouffan il laboratorio delle sue ricerche giovanili, dove Cézanne dipinge anche sui muri di gesso per affermare il sogno di diventare pittore e vincere l’ostracismo del padre, il severo banchiere Louis-Auguste che non approva le scelte del figlio. Atelier privilegiati si riveleranno in seguito anche la soffitta dell’appartamento di Rue Boulegon, il capanno di Bibémus, i locali affittati a Château Noir, la piccola casa con giardino a l’Estaque», sottolinea Rudy Chiappini.
Qui nascono le sue prime, grandi prove, le opere dove si misura con gli antichi maestri, i lavori contraddistinti da una febbrile forza drammatica e colori cupi, dagli impasti corposi. Qui, a contatto con la pittura luminosa di Pissarro, la sua tavolozza si farà più chiara, più leggera la stesura data a piccoli colpi di pennello, mentre ai tanti paesaggi, ai ritratti di amici e famigliari, ai fumatori si alternano le bagnanti e le nature morte.
«Ma ecco che a partire dalla fine degli anni Settanta la sua visione della realtà si allontana da quella dei compagni di strada e Cézanne rifiuta la fugacità dell’impressione, il dissolvimento della forma nelle vibrazioni della luce, trasformando figure, oggetti e paesaggi in un gioco di linee e volumi, “secondo il cilindro, la sfera e il cono”, come scrive all’allievo e amico Émile Bernard», continua Rudy Chiappini. «Traghettando così la pittura della tradizione verso nuovi orizzonti, aprendo la strada ai cubisti, a Picasso e alle sperimentazioni tutte delle avanguardie». Ma un altro spazio ancora, un altro luogo della mente e del cuore attende Cézanne agli inizi del Novecento per offrirgli nuovi punti di vista, l’atelier che l’ormai anziano pittore vorrà farsi costruire sulla collina brulla dei Lauves. Ed è nelle stupende nature morte, nelle ultime vedute della montagna Sainte Victoire, sua musa preferita, che ritrarrà per ben quaranta volte, nei delicati acquarelli di questi anni che la sua pittura decanterà in una dimensione di assoluta purezza, arrivando all’essenza delle cose, creando immagini universali, senza tempo.