Scritto da il manifesto
L’arte russa – ma meglio sarebbe dire sovietica – del ventesimo secolo è da oggi, e fino all’8 gennaio, protagonista al Palazzo delle Esposizioni di Roma con due mostre diverse e, per certi versi, complementari. Da un lato le audaci sperimentazioni di Aleksandr Rodcenko, artista che non è un luogo comune definire poliedrico – fotografo, pittore, cineasta, costantemente impegnato a scoprire nuovi linguaggi -, dall’altro le grandi tele corali dei «Realismi socialisti» (al plurale, perché molte furono le anime all’interno di quello che a lungo è apparso soprattutto all’esterno come un immobile monolite). Il percorso di questa seconda esposizione si snoda dunque tra modernità e ritorno all’ordine, tra una ricerca espressiva indefessa e una pittura magniloquente e spettacolare – una pittura che, conclusosi il periodo delle avanguardie, si fa con il passare degli anni, mentre ideologia e propaganda prendono il sopravvento, sempre più ricercata e complessa, con veri e propri virtuosismi nel disegno, nella composizione e nel colore. Quanto alla mostra di Rodcenko, propone, accanto agli scatti più celebri, molte fotografie inedite, concesse in prestito dalla famiglia dell’artista. «La sua – ha detto la curatrice Olga Sviblova – era un’arte visionaria, l’arte di un uomo che, mettendo via il punto di vista comune, sapeva guardare il mondo con gli occhi spalancati».