Scritto da Marilisa Palumbo – Corriere della Sera
Sembra una storia sulla libertà di espressione, ma è molto di più. «The Spear» (la lancia), il grande acrilico rosso, nero e giallo che ritrae il presidente del Sudafrica Jacob Zuma in posa alla Lenin e con i genitali in vista, esposto in una galleria di Johannesburg, sembra aver riportato al centro del dibattito pubblico molte ferite del passato di questa giovane democrazia.
È offensivo e irrispettoso delle umiliazioni sofferte dai neri durante l’apartheid, secondo il leader dell’African National Congress, che ha portato la Goodman Gallery in tribunale affinché rimuova il quadro in nome del suo diritto costituzionale alla dignità.
Intanto la galleria è già stata chiusa dopo che l’opera di Brett Murray, artista bianco noto per il suo impegno contro il razzismo, è stata sfregiata da due vandali con pennellate di vernice rosse e nere sul volto e sul pene di Zuma.
Giovedì, durante la prima affollatissima udienza, trasmessa in diretta televisiva nazionale, l’avvocato dell’Anc, Gcina Malindi, ha contestato il parere degli esperti d’arte, secondo i quali è ormai impossibile controllare la riproduzione dell’opera su Internet. Giudizi dell’élite bianca, per il legale, irrispettosi della sensibilità di molti neri sudafricani, che a 18 anni dalla fine dell’apartheid ancora vivono sotto la soglia di povertà e non hanno accesso all’istruzione.
A un certo punto del dibattimento, Malindi è scoppiato in lacrime. Troppi ricordi del passato, ha spiegato l’avvocato che moltissimi anni fa — tra il 1985 e l’89, in un’altra era della storia del Sudafrica — fu portato alla sbarra, accusato dal governo dei bianchi di tradimento e terrorismo. Condannato, passò un anno nell’infame prigione di Robben Island.
Dopo il pianto di Malindi, la corte si è aggiornata a data da destinarsi. Ma le polemiche vanno avanti, con un’altra parte del Paese che non si commuove, e non ci sta a inquadrare il caso solo attraverso la lente razziale. Sono quelli che puntano il dito contro la crescente intolleranza alle critiche dell’Anc e del settantenne Zuma, personaggio controverso, sposato sei volte (attualmente ha quattro mogli), accusato e poi prosciolto di stupro e corruzione.
L’invito a «tutti i sudafricani» a boicottare City Press, reo di aver pubblicato il ritratto senza censure, e ai pubblicitari a ritirare le inserzioni dal quotidiano, ha offerto munizioni a quella fetta della società civile già sul piede di guerra contro il partito di governo, da ultimo per un disegno di legge sulla sicurezza che secondo i critici imbavaglierebbe la stampa.
Marilisa Palumbo