Scritto da FRANCESCA GIULIANI – la repubblica
Da Nauman a Bourgeois, da Fontana a Hirst, viene esposto il meglio della raccolta della Fondazione.
Una passione di famiglia che si concentra sul periodo successivo agli anni Sessanta.
Bertelli: “Con gli autori abbiamo rapporti di amicizia Ci piace avere uno spazio di libertà”.
Oltre la facciata candida sul Canal Grande, i blocchi di pietra arenaria che compongono l´opera “Void Field” di Anish Kapoor sono il primo impatto con l´allestimento che la Fondazione Prada presenta nella sua nuova sede di Venezia. La settecentesca Ca´ Corner della Regina ospita (dal 4 giugno al 2 ottobre) un florilegio di opere presentate in un itinerario critico a cura di Germano Celant: il lavoro con cui l´artista angloindiano si presentò alla Biennale nel 1990 accoglie i visitatori. E fa da diapason a una visita nei saloni affrescati, su fino al piano nobile dove sono collocate le opere di Bruce Nauman e Louise Bourgeois, Jeff Koons e Damien Hirst, John Baldessari e Donald Judd, Blinky Palermo e Michael Heizer, insieme a quelle dei “classici” italiani da Schifano a Fontana, Burri e poi Boetti, De Maria, Gnoli e poi ancora dei “nuovissimi” tra cui Cattelan e Vezzoli. È uno sguardo (anche critico) che si concentra sull´arte post-anni Sessanta, che spazia fra i generi a testimoniare una passione “di famiglia”, come è quella di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada per l´arte contemporanea.
La nuova sede di Palazzo Corner della Regina è nata – spiega Bertelli – come «un´opportunità, più che come una scelta strategica» ed è destinata a diventare una tappa che si aggiunge al dedalo di spazi e iniziative anche per chi, proprio in questi giorni, si avventura alla scoperta della Biennale d´arte di Bice Curiger. Una novità che si trova a definire un recupero, volendo, anche di segno “nazionale” rispetto alle recenti collezioni private esposte, per esempio, a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana. Di proprietà del Comune di Venezia, inserito nella rete dei musei civici, il palazzo adiacente Ca´ Pesaro, a cui peraltro si ispira dal punto di vista architettonico, deve il suo nome alla famiglia Corner e all´aver dato i natali a Caterina Corner che sarà regina di Cipro. Ora, liberati gli spazi dagli archivi della Biennale che li occupava dopo aver preso il posto, a sua volta, del Monte di Pietà, il magnifico palazzo è stato concesso in affitto per sei anni (ma il contratto è rinnovabile per altri sei) alla Fondazione che ha realizzato un progetto di recupero funzionale e di restauro attento ai dettagli, a cominciare dalla messa in sicurezza delle superfici di pregio artistico e architettonico, con il rilevo delle parti impiantistiche fuori norma, la manutenzione dei serramenti lignei, il recupero degli spazi destinati a uffici e servizi: «Si è trattato di una prima fase di restauro, frutto di una collaborazione ottimale con il Comune di Venezia, la Soprintendenza ai Beni culturali, la Fondazione dei Musei civici che vedrà una continuità di intervento nelle prossime fasi di lavori tutte realizzate nel pieno rispetto del palazzo», chiarisce Bertelli. Così il piano terreno, il primo e secondo mezzanino e il piano nobile possono aprire al pubblico distillando una sorta di “best of” della passione artistica di una delle coppie più influenti del mondo della moda che intanto sta provvedendo ad un´altra, nuova sede milanese firmata da Rem Koolhaas (largo Isarco, apre nel 2013) di cui sono qui presentati i modelli. In mostra, anche pezzi del museo del Qatar, della Fondazione dei Musei civici di Venezia, dell´Ermitage; più i prestiti degli artisti Thomas Demand e Francesco Vezzoli.
Ma da Ca´ Corner non partiranno scelte di forzato mecenatismo, né si esprime alcuna volontà di intraprendere un´attività di programmazione artistica complessa o continuativa. Racconta Bertelli: «Con gli artisti abbiamo spesso rapporti personali, di amicizia, di affinità. Sono persone con cui ci piace condividere la vita quotidiana. Ci piace incontrarli, conoscerli, andare a cena insieme. D´altra parte non condividiamo l´idea di una committenza specifica per un luogo né ci consideriamo mecenati ma soltanto collezionisti. Perché artisti come Raffaello o Michelangelo, che creavano le loro opere per dei mecenati, erano vincolati dai dettami dei loro committenti ma anche dal bisogno di denaro: cose che oggi ad artisti come, per esempio, Damien Hirst o Jeff Koons non interessano affatto. A noi del rapporto con l´arte piace soprattutto la libertà, coltivarla attraverso tante piccole cose. Ricordo ad esempio l´incontro che abbiamo avuto con Louise Bourgeois, conservo le foto fatte insieme a Miuccia a New York e i disegni che ci inviava ogni Natale. Io dell´arte amo soprattutto il fatto che sia distante dai nostri doveri e dagli impegni di tutti i giorni, una passione libera».